ott 052013
 

 

          

L’AOC è ciò che ha esposto nella sua galleria.

Un’esperienza senza misura di segni, di chiacchere e di volti.

Nulla di più. E anche nulla di meno, però.

Quando gli artisti ospitano altri artisti. Perché li stimano.

Mescolando i critici con gli amici e gli amici con i critici.

Ben oltre la retorica (giusta per altro) degli “studi aperti” e della “libertà d’espressione”.

Il resto, inafferrabile, che si perde nel fluire delle quotidianità ospitali di ogni studio.

                

Ci sentiamo un piccola istituzione, perché usufruiamo di spazi pubblici. Ci sentiamo una piccola istituzione anche perché la parola “autonomia” ci sembra portare con sé un senso di responsabilità in più verso gli altri (oltre che verso le nostre, per altro non univoche, idee sul fare e parlare d’arte).

            

Ci piacciono i giovani artisti ma anche i vecchi artisti rimasti “in penombra”, laddove patrimoni di sapere, di fare e di vedere vanno palesemente perduti, laddove il “piccolo” di istituzioni come la nostra può ancora garantire forme di civiltà non attese, non comuni, spesso fortemente identitarie.

           

Ci predisponiamo ad accogliere, ospitare, mescolare, meticciare chiunque a qualsiasi titolo o ragione giri attorno al mondo dell’arte, intellettuali, artisti o semplici curiosi, nella convinzione che non sia tanto l’”evento” a determinare lo scarto di conoscenza, quanto la rottura delle barriere fra generi, fra ruoli, fra momenti sacri o meno del fare arte.

Per quanto detto, nell’occasione del venticinquesimo anno di attività dell’AOC F58, noi tutti porgiamo a tutti il benvenuto nella galleria, negli studi e nella piazzetta dell’ex fico.