mar 292022
 

 

 

Flavio Arcangeli, Melissa Lohman, Federica Luzzi, Simone Pappalardo, Marcello Sambati, Naoya Takahara

dal 4 aprile al 30 aprile 2022

 

Ideazione del progetto   Federica Luzzi, Naoya Takahara

Testo di    Pasquale Polidori.

Traduzione di    Naoya Takahara

Apertura   lunedì 4 aprile ore 19.00

Date di performance (ripetibile dopo mezz’ora):

- lunedì 4 aprile ore 19.00

- venerdì 15 aprile ore 19.00

- sabato 23 aprile ore 19.00

- sabato 30 aprile ore 19.00

Il progetto “Quel che non puoi vedere/Tentativi di visione 試行、イメージへ” ideato dagli artisti Federica Luzzi e Naoya Takahara vuole incentrarsi sul particolare acustico reso dal pavimento in legno della Galleria Bruno Lisi durante il passaggio di una persona.

Questo particolare ha attivato negli ideatori una riflessione come risultato di innesti mentali tra ciò che è stato visto e percepito in Giappone e in Italia; innesti che avvengono improvvisamente senza alcuna anticipazione.

In Occidente ciò che può essere considerato un difetto o una limitazione dovuto all’usura di un materiale, in Giappone acquisisce invece valore di unicità come il pavimento dell’usignolo/uguisubari.

Uguisubari che al calpestio emette un suono avvertibile a distanza (nei templi, proveniente da corridoi di collegamento, semplici passaggi, avvisa i monaci che qualcuno è entrato), origina da uguisu, un piccolo passeriforme (più spesso sentito che visto) dal piumaggio color polvere di thè verde matcha il cui canto riproduttivo può essere ascoltato in primavera.

“Quel che non puoi vedere/Tentativi di visione 試行、イメージへ” presenterà la produzione di opere site specific e azioni performative di diversi autori, Flavio Arcangeli, Melissa Lohman, Federica Luzzi, Simone Pappalardo, Marcello Sambati, Naoya Takahara, accompagnati da un testo di Pasquale Polidori, che in un’unica performance ripetuta in quattro appuntamenti (lunedì 4, venerdì 15, sabato 23 e 30 aprile) si succederanno l’uno dopo l’altro e/o sovrapponendosi, integrandosi come un’insieme di visioni.

Non solo le opere realizzate da Federica Luzzi e Naoya Takahara, ma anche i vari elementi, gli oggetti del luogo, per loro intrinseca natura, indicheranno i percorsi corporei da intraprendere. L’esperienza percettiva può essere disorientante, limitare e modificarne i movimenti e i comportamenti consueti o riattivarne altri sopiti. E’ la memoria degli oggetti, del luogo, del corpo.

Lo spazio espositivo al di fuori degli appuntamenti performativi sarà chiuso al pubblico come una scatola in cui contenitore e contenuto sono potenzialmente attivi; a sottolineare la luminosità (intesa come soffio vitale) dell’oggetto stesso nella sua azione di manifestazione in presenza ed interazione.

Aprendo lo spazio della Galleria Bruno Lisi di AOCF 58, come mai era accaduto precedentemente, gli elementi della porta scorrevole e della pedana si evidenziano non solo come strutturanti lo spazio stesso ma movimentati in aperture e chiusure che ne determinano il respiro, così come nelle case tradizionali e nei templi giapponesi dove lo spazio fluisce dall’interno all’esterno e viceversa in continua osmosi con la vegetazione permettendone la contemplazione dei dettagli (attivando tutti i sensi) attraverso pareti scorrevoli (shoji) e camminamenti in legno interni ed esterni (engawa).

Operazioni che nello spazio galleria connettono in un solo corpo non solo i vari autori coinvolti nel progetto (e che pur mostrando reciprocità hanno operato in autonomia) ma riconnettono pure oggetti e luoghi desueti (per l’occasione ripristinati) con coloro che, assenti, li utilizzarono in passato in una narrazione che si ripete sempre (come riportato qui in allegato nei racconti popolari e haiku giapponesi su uguisu; materiale consegnato ai vari autori come principale stimolo, oltre quello acustico-sonoro della pavimentazione in situ).

Quel breve spazio di passaggio che si trova proprio a ridosso della porta scorrevole e della porta pedana riporta l’attenzione sul concetto di “deposito”, luogo deputato al transito di oggetti, e delle nostre recondite pulsioni, in atti di custodia, e di riconsegna (che avviene all’improvviso e senza alcun preavviso).

Attualmente utilizzato solo come piccolo magazzino, un tempo era percorso dall’artista Bruno Lisi quando ogni sera da studio si recava a casa, chiudendo dietro di sé tutte quelle porte misteriose.

Oggetti e luoghi velati di nostalgia, tempi perduti e tempi ritrovati.

Come pionieri di uno spazio mai esplorato, gli artisti focalizzano l’attenzione su colei/colui che cammina (dall’etimo di pioniere, dal fr. piòn, sp. peon e peâo).

 

 

Con il Patrocinio di                   FONDAZIONE ITALIA GIAPPONE

C/O Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale

DGMO – Piazzale della Farnesina, 1 – 00135 Roma tel. 06.3691 5232

fondazione@italiagiappone.it – www.italiagiappone.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mar 092022
 

dal 7 al 25 marzo 2022

A cura di   Silvia Bordini e Diletta Borromeo

 

 

Mariagrazia Pontorno, Passa Dentro. Un’opera di David Tremlett, 2000, video still

Chi sono gli artisti che compongono questa mostra?  E cosa stiamo vedendo? L’opera dell’artista di cui si riproducono gesti e procedimenti o l’opera di chi lo riproduce?

Tra opacità e trasparenza, come in un gioco di rimandi, una decina di artisti raccontano, interpretano, documentano, descrivono e colgono sul fatto altri artisti. Utilizzano il film e più spesso il video, impugnano la telecamera come in un reportage, un gioco, un esperimento, un’indagine. Sono diversi per formazione, età, esperienze e intenti ma tutti legati tra loro da una rete di rapporti che si rimandano con leggerezza. Ritrarre l’altro riverbera una serie di coincidenze e fa emergere differenze, specificità, linguaggi. È un modo di estendere lo sguardo che appartiene al paradigma del divenire delle immagini, da sempre peculiare del fare arte e tanto più con la complessità dei dispositivi di riproduzione “tecnici”, fotografia, film, elettronica e digitale, come si analizza e si ripete, da Walter Benjamin a Nicolas Bourriaud. L’arte ha sempre guardato all’arte, tra appropriazione, riproduzione, citazione, contaminazione, omaggio, rimediazione e post-production. Il fulcro è proprio la relazione, il processo in cui l’artista si rappresenta come spettatore di un altro artista, si inventa come continuatore e fa dell’altro artista un pubblico da coinvolgere. Una zona di contatto. Verifica incerta, realizzata da Gianfranco Baruchello e Alberto Grifi nel 1964-65, è un esperimento dedicato a Marcel Duchamp. Una gran quantità di pellicola dei film hollywoodiani degli anni Cinquanta viene messa alla prova da mesi di smembramenti e tagli al montaggio, con salti e ripetizioni, fino alla dispersione di un qualsiasi senso. Le uniche riprese di Baruchello sono quelle della figura iconica dell’amico Duchamp avvolto nel fumo del sigaro, che fa capolino tra un taglio e l’altro, quasi a ricordarci che il germe di quest’opera è il ready-made. Una sperimentazione scanzonata, come Gioco di Giosetta Fioroni, protagonista Pino Pascali ritratto in una sorta di rito primaverile en travesti insieme agli amici, non impedisce che gli stessi autori siano consapevoli del medium e distinguano i linguaggi. «Non faccio un film perché un mio quadro rappresentava questo insieme di oggetti e inserisco gli oggetti nel film, non ha senso. Le due cose devono essere complementari, non possono sovrapporsi», dirà Baruchello nel 1968. Alcune esperienze producono un riverbero: l’indagine che Fioroni compie nell’intimità dell’amico Umberto Bignardi e di sua moglie nel video Coppie, dove la ricerca della bellezza si mescola a un ché di voyeurismo, può essere fonte di ispirazione per la performance La spia ottica, progettata per il “Teatro delle Mostre” nel 1968, di cui la stessa artista scrive: «Vi sono due momenti che si fondono in uno. L’esperienza di chi guarda e il comportamento della donna che sa di essere guardata». L’elemento comportamentale è molto rilevante nel video SKMP2 di Luca Maria Patella, dove Pascali è uno dei protagonisti. La sua presenza e la sua fisicità “primordiale” esibita bucano lo schermo della camera di Patella, ma più tardi, nel 2003, quando l’autore televisivo Marco Giusti concepisce uno speciale su Pascali, negli spezzoni di SKMP2 rielaborati insieme ad altre opere, scenografie, animazioni e il Pulcinella, si crea una vertigine creativa. Si sovrappongono le trasformazioni di Pascali, l’occhio analitico di Patella e la narrazione di Giusti, il quale procede a salti, tagli e ripetizioni che – contrariamente alla distruzione del significato operata nel montaggio di Verifica incerta – generano un ritmo e un senso circolare che chiude il racconto. Se per alcuni le esperienze con la telecamera si rivelano transitorie, Mario Schifano invece resta, si potrebbe dire, ossessionato dal video, di cui non potrà fare a meno, sia in quanto regista dello strumento, sia come fruitore del monitor TV, che riprende nei suoi stessi video. La sua visione è un flusso continuo e quotidiano di immagini di vita, in parte raccolto nel film Mario Schifano Tutto, che rivela il suo lato umano, spesso eccessivo ma sincero, anche nei riguardi dei suoi compagni di strada e del loro lavoro, che condivide. Nel brano di Mario filming Franco Angeli, mentre quest’ultimo disegna la falce e martello sul prato, Schifano sembra lasciare spazio alla sacralità dell’opera in divenire. I video di Fioroni, Patella e Schifano confermano un sentire collettivo, l’esigenza degli artisti di riprendersi fra loro, attratti non solo dal nuovo mezzo che consente di documentare, ma anche dal desiderio narcisistico, amplificato dalla telecamera e dal gioco di equilibri fra l’artista che produce l’immagine e l’artista che può diventare materia e specchio per l’altro. Il guardare e il guardarsi, i temi del ritratto e dello specchio, il riverbero dell’immagine, coinvolgono l’artista anche attraverso le opere di altri, citate, manipolate oppure fuse in un nuovo lavoro come  Foot Print, ideato da Mario Sasso nel 1989 con le musiche di Nicola Sani e concepito per le prime trasmissioni Rai-Sat nel 1990. Il videotape mostra le immagini di città e regioni raggiunte dalle riprese del satellite, in una nuova prospettiva che immagina una sintonia tra le forme dei territori e quelle degli artisti che li hanno abitati. Impegnato su piani contigui tra la videoarte e la pittura, Sasso sente l’urgenza di “riscaldare” la tavolozza dell’elettronica, un linguaggio fino a quel momento considerato freddo. «Sono un pittore che a un certo punto ha incontrato l’elettronica», dichiara. Così, dai reticoli dell’immagine satellitare, emergono le opere di Lucio Fontana, Piet Mondrian, Giuseppe Capogrossi, Alberto Burri, Marc Chagall, Osvaldo Licini, come “incarnazioni” dei territori di appartenenza. Per il tramite degli artisti, la forma e la sensibilità cromatica si tramutano in materiale espressivo, cui si sovrappone la stratificazione operata da Sasso. Mariagrazia Pontorno, collaboratrice di Sasso all’inizio della sua formazione, si cimenta nella  rappresentazione di Passa Dentro, un lavoro collettivo di David Tremlett. L’occasione, nel 2000, è un progetto in collaborazione tra il Palazzo delle Esposizioni e l’Università La Sapienza, in cui gli studenti sono partecipi di una grande opera da realizzare negli spazi di Tor Bella Monaca. Lo stesso video, realizzato da Pontorno insieme a Federico Vuerich e Luca Morazzano, con le musiche di Sani, è frutto di un lavoro a più mani. Ancora una volta le sovrapposizioni di più visioni ed esperienze generano un cortocircuito creativo attraverso lo sguardo del videomaker: si sofferma sull’interazione di Tremlett con i ragazzi, scandisce il tempo del lavoro in fieri, presenta in un tutt’uno il ritratto dell’opera e dell’artista, lascia una propria memoria, scegliendo di seguire la sinuosità delle linee che segnano il movimento della composizione pittorica, linee che nel video sembrano correre veloci e leggere. Francesco Vaccaro sottopone alla lente del tempo e della memoria i ritratti di artisti e scrittori. Nelle piccole effigi degli scrittori del Novecento e nei video in cui “insegue” il lavoro degli artisti, la memoria sembra passare attraverso le fattezze, il corpo e il movimento. Racconta i momenti del suo procedimento creativo: «dopo l’incontro e la nascita dell’interesse per il lavoro segue la fase, molto bella, delle riprese nello studio dell’artista, dove ciascuno lavora per conto proprio e io assisto in rigoroso silenzio alla creazione dell’opera. Poi, la fase del mio montaggio, nel mio studio, in cui attraverso le immagini raccolte, cerco di costruire un racconto poetico». Con empatia Vaccaro cerca reciprocità in una corrispondenza interna. Nelle riprese è accurato, segue gli artisti da molto vicino osservandone la manualità, i dettagli, i gesti, si focalizza sul lavoro in sé e sugli oggetti peculiari. Non sembra compiere un vero rispecchiamento, piuttosto da questi lavori pare estrarre piccoli indizi che divengono nutrimento per sé stesso. In tal modo riesce a cogliere gli aspetti più sensibili delle opere: la manipolazione degli inchiostri mutevoli e l’essenza materiale della carta in Elisa Montessori (2003); la cancellazione della parola rinchiusa e ulteriormente negata in favore di una dimensione più intima, meno plateale, se possibile ancor più minimalista, in claudioadami notes (2005); i Corpi Estranei di Bruno Lisi (2009), che sembrano generati da cellule organiche e dal segno vitale che percorre l’opera tutta, dai filamenti dei metacrilati alle pitture dei filiformi colori vibranti.

Silvia Bordini e Diletta Borromeo

video in esposizione

Monitor

Gianfranco Baruchello, Alberto Grifi, Verifica incerta, 1964-65, 38’34”

Videoproiettore

Giosetta Fioroni, Gioco, 1967, 03’55”

Giosetta Fioroni, Coppie, 1967, 02’

Mario filming Franco Angeli, e Franco Angeli, Tano Festa e Giulio Turcato, 1968, 01’; tratto da Mario Schifano Tutto, a cura di Luca Ronchi, edizioni Feltrinelli, 2001

Mario Sasso, Foot Print, 1989, musica di Nicola Sani, 03’10”

Mariagrazia Pontorno con Federico Vuerich, Luca Morazzano, Passa Dentro. Un’opera di David Tremlett, 2000, musica di Nicola Sani, 5’21”

Marco Giusti, Pino Pascali o le trasformazioni del serpente, 2003, brano da SKMP2 di Luca Patella, 1968, e opere, scenografie, animazioni, 04’

Francesco Vaccaro, Elisa Montessori, 2003, montaggio Roberto Dalfinà, 6’42”

Francesco Vaccaro, claudioadami notes, 2005, 5’35”

Francesco Vaccaro, Bruno Lisi. Corpi estranei, 2009, 5’06”