mag 232016
 

 

Inaugurazione   30 maggio – ore 18,30

dal 30 maggio al 24 giugno  2016

A cura  di   Francesca Orsi

 

Non sono volti quelli che ricama Marika Saonari in “Reticoli”, né tanto meno parole. Ma come le parole il filo dell’artista punteggia una partitura immaginaria in cui vecchie tradizioni e contemporaneità possono fondersi per creare una sorta di leggero ed ironico spaesamento. Il suo fare artistico è teso ad attualizzare il ruolo della donna nella società odierna attraverso la manipolazione e la trasfigurazione di una sua rappresentazione pregressa, di un corpus fotografico che la ritrae, nei primi decenni del ’900, sottomessa ad una figura maschile che non lasciava spazio ad altro.

Marika conferisce al ricamo sembianze geometriche, studiate e rigorose, che si caricano di tutta la potenza di una porta temporale; un mezzo che serve all’artista per aggiungere al reale dell’immagine un simbolico che la porta nell’attualità.

Dalla chiusura domestica in cui era moglie/madre/padrona di casa  la donna si trova ora ad essere lei stessa burattinaia, tessitrice di trame e di reti di potere. In un movimento dal dentro al fuori, anche tramite l’artistizzazione di un rito, il ricamo, prima solo passatempo privato  Marika Saonari con “Reticoli”, in maniera ironica e con toni frizzanti, gioca secondo l’arte della decontestualizzazione dello stile trouvè. Vecchie foto trovate ai mercatini e una tecnica dai sapori antichi come il ricamo per dare voce all’attualità, al progressivo mutamento sociale della figura femminile che l’ha condotta, nel tempo, ad impugnare le redini gioco. “Reticoli” è un progetto dalle tinte emotive, intime, ironicamente intelligente, e dalle congiunzioni ramificate come quelle della tela di un ragno.

 

“What Marika Saonari embroiders in “Reticoli” are neither faces nor words, but, just as with words, the artist’s thread punctuates an imaginary score in which both old and contemporary traditions fuse together in order to create a light, ironic disorientation. Her artistic modus operandi is aimed at bringing up to date women’s position in today’s society by manipulating and transfiguring their previous representations in a photographic corpus in which early 20th century women are portrayed as submitted to male figures who did not allow any space for freedom.
Marika gives her embroidery a geometrical, studied, rigorous appearance, loading it with all the potency of a time portal. Means, for the artist, to add symbology to the image, bringing it up to date.
If she used to be wife/mother/housewife in the cage of domestic life, in Marika’s artworks women are now puppeteers and weavers of power networks. With a movement from the inside to the outside, Marika in “Reticoli” turns the rite of embroidery – which used to be just a private pastime – into Art by playing ironically and cheerfully along the lines of the decontextualizing art of the readymade style. She gives voice to modernity and to the progressive social mutation of the female figure, which has seen her slowly take the lead of the game, by assembling old pictures found at secondhand markets and an oldfashioned technique, such as embroidery. “Reticoli” is an emotional, intimate and ironically intelligent project, enveloped in the intricate networks of a cobweb.

 

 


 

 

 

 

apr 262016
 

Fabio Pistillo: Fine del paesaggio

       

2-20 maggio 2016

A cura  di     Francesca Gallo

Fabio Pistillo (Roma, 1973) torna ad AOCF58 con un nuovo ciclo di lavori inediti, in cui si vede maturare un diverso rapporto fra pittura e immagine a stampa, fra sfondo e figura. Pistillo è un pittore che ama i grandi spazi liquidi, in cui annida le sorprese e le insidie della figurazione.

Fine del paesaggio raccoglie lavori eseguiti tra il 2015 e il 2016, in cui il collage di illustrazioni ritagliate da libri, giornali, réclame, si innesta su ampie carte dipinte. Le forme sono talvolta palesi, altre volte quasi nascoste dalla pittura che, in questo modo, agisce come un filtro, le trasforma, in maniera talvolta sorprendente, ironica, ludica.

Il mondo infantile, infatti, è spesso evocato nelle composizioni di Fabio Pistillo data la predilezione per i libri illustrati, la bella grafia, il gioco di parole latente fra forma dipinta e collage, le cancellature che si fanno a loro volta immagine, i ritagli decontestualizzati. Su tutto però campeggiano i profili di un indefinito paesaggio naturale: alberi, colline, fiori si delineano quasi inevitabilmente nel campo dipinto, suggeriti appena da qualche frammento di figurazione, contorno lineare familiare. Da qui il titolo, che allude con leggerezza alla conclusione, o forse al sopravvivere, della pittura di paesaggio?

 

Fabio Pistillo (Rome, 1973) returns to the AOCF58 gallery with a brand new series of previously unreleased works, in which the viewer will be able to witness the maturation of a different relationship between painting and printed image, background and figure. Pistillo is a painter who loves wide, fluid spaces in which the surprises and pitfalls of figurative representation lurk unsuspected.

A number of works produced in 2015/2016 are collected in his new exhibition “Fine del paesaggio” (End of the landscape), which features collages of images cut out of books, newspapers, and ads, grafted together on large pieces of painted paper. Shapes are at times clear, and at other times nearly hidden by the artist’s painting which thereby acts as a filter, transforming them in a way that can be surprising, ironic, and playful.

Pistillo’s compositions often evoke the world of childhood, thanks to the artist’s predilection for picture books, calligraphy, the latent puns between painted figure and collage, deletions which in turn become images, decontextualized clippings. Every piece of this world, however, is surrounded by the contours of an undefined natural landscape: trees, hills, and flowers all inevitably take shape across the painted space, just barely suggested by some fragment of figurative representation, some familiar outline. Does the title of the exhibition then make a casual allusion to the end of landscape painting, or does it hint at its survival?